sabato 6 gennaio 2018

"Segreto Novecento" di Gian Paolo Pucciarelli recensione di Maurizio Barozzi

Gian Paolo Pucciarelli
"Segreto Novecento"
Edizioni Capire (2014)
 
 
Un libro non solo importantissimo, ma una ricerca determinante per decodificare la nostra storia recente. Un opera unica di grande valore, di cui abbiamo avuto spesso qualche accenno nei video YouTube di G. P. Pucciarelli e G. Vitali.
   
Dalla presentazione dell’autore:

Mi sono ripromesso di raccogliere in questo libro alcune osservazioni riguardanti le fasi di sviluppo della società occidentale, nel periodo compreso tra i primi anni del Ventesimo Secolo e il secondo dopoguerra. Prima fra tutte, quella che mi ha permesso di rilevare il persistente contrasto fra il presunto trionfo del liberalismo democratico e le "regole" dell’economia di mercato.
Ho cercato di non ancorarmi al criterio riduttivo, adottato da Eric Hobsbawm nel suo "Il Secolo Breve", pretendendo un excursus analitico che va oltre i limiti temporali, precisati dallo storico inglese: il 1914 e il 1991, e segnala tre date altrettanto fondamentali: il 1910, l’anno in cui a Jeckill Island è ideato e perfezionato il piano di attuazione del "Federal Reserve System"; il 1913, alla fine del quale il Congresso degli Stati Uniti vota a favore del Vreeland-Aldrich act e il Presidente Thomas Woodrow Wilson lo approva; e il 1905, l’anno del primo tentativo rivoluzionario bolscevico, sostenuto dalla Casta Finanziaria di Wall Street, che poco prima ha finanziato generosamente il Giappone, affinchè la sconfitta della Russia nella guerra russo-giapponese del 1904-1905, agevoli l’instaurazione del governo comunista nella terra dello Zar.
Le svolte cruciali del "Novecento" avvengono, sì nel 1914, l’anno in cui il "Potere" che domina a Washington decide di far deflagrare una guerra totale che dovrà diffondere ovunque il sistema usurocratico per assumere il controllo dell’economia mondiale e sottoporre al proprio arbitrio la politica monetaria di ogni nazione; ma la fase determinante del piano finanziario messo in atto a Wall Street si colloca nel 1919, allorché la conferenza di pace di Parigi stabilisce lo schema geopolitico più congeniale all’affermazione su scala planetaria del sistema economico liberista angloamericano, che trova i suoi efficaci strumenti nella Federal Reserve Bank di New York e nella City Londinese.
È il 1917 tuttavia, l’anno in cui si registrano il successo della rivoluzione bolscevica e la prestazione della garanzia britannica per la costituzione dello Stato ebraico in Palestina. Il termine "Usurocrazia", coniato da Ezra Pound, indica  il sistema che trova tuttora concreta applicazione nella gestione monetaria, affidata a banche private, per la creazione della cosiddetta "moneta-debito". Questo sistema, operante dal dicembre del 1913 negli Stati Uniti è presto dilagato in tutto il mondo occidentale, grazie alla connivenza con una leadership politica, che obbliga lo Stato a emettere certificati di credito del Tesoro, ogniqualvolta la Banca Centrale decide di emettere un equivalente ammontare di moneta, e a consentirne la negoziazione sui mercati finanziari internazionali (Wall Street in particolare) nell’esclusivo interesse dei Grandi Investitori (Banche e Gruppi finanziari) dando luogo a fenomeni come la privatizzazione dei profitti e la socializzazione delle perdite. L’inesausto propulsore di questo sistema è il debito pubblico,che non è affatto "scritturale", come sostengono i cultori della teoria monetaria moderna, ma concreto e, spesso insostenibile.
Come opporsi a questo sistema della Casta Finanziaria Usuraia? La risposta non è semplice, visti i precedenti. Ci provò Benito Mussolini, nella seconda metà degli Anni Venti, presentando la Carta del Lavoro e le linee essenziali dello Stato Corporativo, ispirato ai principi della Carta del Carnaro, enunciati da D’Annunzio e De Ambris nel 1920, dopo l’impresa di Fiume.
Ci provò Adolf Hitler nel 1933 e nel 1939, varando la legge che nazionalizzava il capitale della Banca Centrale tedesca.
Entrambi i tentativi ebbero scarsa fortuna, come è noto.
Il liberalismo fa grandi promesse in politica, anche se spesso tollera le dittature compiacenti, mentre riesce sempre più difficile dimostrare se un logoro rivestimento democratico sia ancora sufficiente a nascondere l’ormai secolare tirannia che, in nome della libertà, si esercita nel campo economico.
Liberazione fu il pretesto per scatenare una guerra totale, il cui vero fine era: eliminare due indisciplinati Capi di Stato che non vollero adeguarsi al "sistema".

G. P. P.      
       
 
      
 
Il libro può essere richiesto direttamente all'Autore:


Gian Paolo Pucciarelli:
"Segreto Novecento", un testo fondamentale
 
Se consideriamo la Storia da una prospettiva "metastorica" non possiamo che rilevare come i conflitti , le guerre, siano una costante immutabile dell'archetipo umano: ci sono sempre stati e ci saranno sempre, perché accompagnano l'uomo e tanto più le Nazioni nella loro esistenza. In questo senso, cercare le cause e i motivi, diciamo "materiali", che hanno scatenato i conflitti e le carneficine, potrebbe diventare un impresa superflua, ma tuttavia necessaria se si vuol capire, non solo come sono andati certi fatti, ma soprattutto cosa ci si potrebbe aspettare per il futuro.
Ed allora dal piano metastorico bisogna scendere su un piano più profano, quello che muove la natura umana dietro lo stretto interesse materiale. Sono questi due aspetti inscindibili, spirituale e materiale, civiltà e rapporti economici, che hanno sempre accompagnato la vita dei popoli.
Roma ingaggia con Cartagine una lotta senza quartiere, fino al definitivo annientamento di uno dei due contendenti. E non può essere diversamente, perché è uno scontro di civiltà, di "razze", laddove due concezioni della vita e del mondo, sono tra loro antitetiche e non possono coesistere: una delle due deve soccombere.
Ma a contendersi il campo sono pur sempre "uomini" e quindi non indifferenti sono anche gli aspetti materiali, i traffici commerciali, l'egemonia mercantile che ciascuno vuole detenere ed imporre all'altro. Civiltà, spirito e materia, aspetti complementari come complementare è la vita nel cosmo. Questo a dimostrazione di come sia profondamente errata in partenza, o comunque carente, la presunzione degli storici marxisti, che leggono e interpretano la Storia solo attraverso le trasformazioni economiche dei mezzi di produzione e degli aspetti commerciali.
Comunque sia, scendendo sul piano "materiale", troviamo che le cause che portano ad un conflitto, in particolare ai conflitti che coinvolgono più Nazioni, sono molteplici e tutte ruotano nella atavica gestione del potere.
Con l'evolversi dei tempi, specialmente dopo la rivoluzione industriale, i motivi dello scatenamento dei confitti si sono sempre più condensati nei fattori economici, laddove difendere o accaparrarsi le materie prime e gli indispensabili spazi geografici, sono divenuti ancor più determinanti, rispetto al passato, per la vita delle Nazioni stesse.
Ma accanto allo sviluppo economico, dei mezzi industriali e di trasporto, ecc., e in parte anche a causa di questo, mano a mano che la "spada" e il "trono" perdevano prestigio e potere a vantaggio dell'influenza e della importanza del denaro e del suo possesso, accadeva che gli aspetti finanziari, sempre più controllati da un ristretto pool di "grandi famiglie", di fatto cosmopolite, nel senso che la loro residenza geografica mutava a secondo del mutare del centro dei traffici commerciali e finanziari, assumevano un ruolo determinate.
La Banca e il suo ruolo trans e over nazionale, le sue immense possibilità di finanziare gli Stati e i governanti, la sua egemonia sulla emissione monetaria da parte delle banche centrali, il suo controllo, se non la proprietà, dei mezzi di informazione, in grado di influenzare l'opinione pubblica e quindi ricattare o controllare i "politici", ha finito per diventare il vero arbitro delle situazioni storiche e l'agente primario che muove, che finisce per dettare, o comunque influenzare, la politica degli Stati.
E il potere, sempre più influente, esercitato da questo pool di Grandi Famiglie dell'Alta finanza, i banksters, veri e propri gangsters, che hanno sempre avuto al loro vertice l'impero finanziario dei Rothschild, non è solo un fattore finanziario, economico e sociale, ma si concretizza in una volontà di potenza, incredibilmente perpetuatasi per secoli: lo dimostrano le strategie di dominio mondiale, le prospettive della costituzione di una Repubblica Universale globalizzata a cui queste Famiglie tendono. E non solo loro.
Per una non casuale coincidenza, tre "Forze", tra loro non estranee anzi sodali e non casualmente di natura cosmopolita, ognuna nel suo ambito, tendono a questo dominio mondiale. Tre ataviche Forze, quali la Massoneria, l'ebraismo internazionale (con il suo strumento di punta: il Word Jewish Congress) ed appunto i Banksters. Ma stiamo andando troppo avanti, fuori tema.
Di fronte a questa realtà oggettiva ed evidente della Storia umana, si resta, invece, esterrefatti nel constatare come emeriti professori di Storia, attenti ricercatori, soprattutto di estrazione marxista, non hanno riscontrato, come era d'uopo riscontrare, che è proprio la Banca,ovvero tutto il circuito dell'Alta finanza, quella che, da quasi tre secoli, dietro le quinte muove le fila degli avvenimenti storici. L'Alta finanza, infatti, inanellando successo dietro successo alle sue strategie, accumulando ricchezze e potere, è andata ad assumere un ruolo sempre più preponderante a partire dalla rivoluzione americana in avanti e soprattutto nei due ultimi secoli, un ruolo preponderante di pari passo con la crescente importanza che hanno assunto i beni materiali, i mezzi tecnici dell'industria, quelli militari e quelli di comunicazione e trasporto, ed ovviamente il denaro per acquisirli.
Certo i cambiamenti dei mezzi di produzione, l'accentrarsi dei capitali privati, la nascita delle multinazionali,tutti fenomeni già studiati e previsti da Marx, hanno avuto il loro importante ruolo nelle vicende storiche degli ultimi secoli, condizionando il dominio dei mercati, la ricerca di nuovi spazi commerciali, determinando contrasti, ma accanto a questi fenomeni economici, in silenzio, dietro queste forme di capitalismo "classico", è l'Alta finanza, che muove le fila del processo storico, che finanzia, ricatta, distrugge,acquista, prende possesso di ciò che lei stessa, la finanza, ovviamente non ha creato: l'Impresa, che al massimo ha solo finanziato.
E mentre il capitalismo, l'imprenditore, ha bisogno della banca che gli finanzi la ricerca e l'avvio industriale, la finanza non ha bisogno di nulla, è un qualcosa che sta lì,trasversalmente e sopra tutto, la cui residenza geografica è relativa, e tutto finisce per fagocitare.
Gli bastano poche pedine per manovrare in suo favore: la possibilità di finanziare, quindi di "comprare", corrompere, ricattare e imporre decisioni e la possibilità di influenzare l'opinione pubblica, dominando l'informazione, nascondendosi dietro le quinte.
E così, come avviene verso la fine dell'800, la gente comune, gli stessi politicanti che fanno le Leggi, vedono nelle lotte e nelle grandi campagne contro i monopoli, i cartelli quello che i grandi giornali di proprietà, diretta o indiretta, dell'Alta finanza, gli fanno credere: sacrosante lotte in difesa del potere di acquisto dei beni, contro l'accentramento e il dominio dei mercati e a sostegno di giuste rivendicazioni salariali. Ma nessuno si accorge che quelle lotte, quelle Leggi, a prescindere delle loro giuste motivazioni, sono fatte apposta per mettere in crisi il mondo della imprenditoria, il sia pur rapace capitalismo privato, che ha appunto creato le imprese e messo in piedi le fabbriche. I banksters che soffiano sul fuoco e finanziano trasversalmente le lotte, non sono di certo interessati al bene comune e ai diritti dei lavoratori, ma solo a mettere in crisi il capitalismo privato, per controllarlo finanziariamente, se non per fagocitarlo.
E così va a finire, come oggi giorno siamo andati a finire: al capitalista privato, all'imprenditore che aveva creato la sua azienda e in qualche modo era legato allo stesso mondo del lavoro che pur, da buon pescecane, sfruttava, si è passati ad una invisibile proprietà finanziaria, fatta di numeri, azioni e cedole per la quale i lavoratori sono solo numeri. Insomma dalla padella nella brace: lo sfruttamento, le ingiustizie non si sono eliminate, anzi si sono moltiplicate e ogni speranza di riscatto e soluzione è stata liquidata.
Quello che avviene per le Imprese, più o meno avviene per gli Stati, dove attraverso i finanziamenti, chiamati "aiuti" e il controllo delle emissioni monetarie, le nazioni hanno finito per diventare carne di porco per le strategie finanziarie. E che strategie! Perché per di espandere il potere della finanza, per realizzare i progetti mondialisti e di dominio planetario, queste strategie finanziarie hanno determinato, senza alcuno scrupolo, sanguinose rivoluzioni e immani tragedie belliche.
Come accennavamo perà, gli storici sono restii, se non alieni, a considerare questi aspetti storici che si svolono per lo più dietro le quinte, ma di certo non sono del tutto segreti: essi preferiscono spendere libri su libri, per ricostruire i rapporti diplomatici, i contrasti politici internazionali, le reciproche interferenze economiche che portano ad uno stato bellico, insomma per loro, in sostanza, la seconda guerra mondiale scoppia per Danzica e per certe volontà dittatoriali e guerrafondaie.
Ma negli ultimi anni le cose stanno cambiando, sempre più autori storici hanno recuperato e ricostruito fattti ed eventi che erano sfuggiti o non erano stati presi in considerazione o meglio ancora, erano stati occultati.
Tra questi ricercatori storici, alquanto carenti nel nostro paese, si inserisce Gian Paolo Pucciarelli con un opera che, per la sua organicità e completezza, possiamo dire unica nel suo genere.
Il libro di Gian Paolo Pucciarelli: "Segreto Novecento" Ed. Capire Roma 2014, infatti, ricostruendo tutte le segrete vicende che si sono svolte dietro le quinte della storia del novecento, rappresenta un testo fondamentale, soprattutto per la carenza di analoghe ricerche nel nostro paese (l'autore infatti ha dovuto soprattutto tradurre opere straniere), atte a comprendere la storia contemporanea. Una Storia che non è, non può essere, lineare: buoni e cattivi da una parte e dall'altra, dittatori e rivoluzionari, idealisti e approfittatori, perché l'intervento, dietro le quinte, del potere finanziario che disegna le sue strategie e detta i tempi e i modi che sfociano in guerre e rivoluzioni, mischia le carte, sconvolge le apparenze, fa si che niente sia più realmente bianco, rosso o nero.
L'autore ci svela e ci mostra come i Banksters, oramai costituitisi in capitale monopolistico, già alle soglie del secolo scorso, avendo il loro interessi per lo più incentrati nell'area geografica anglo americana, sull'asse City di Londra e Wall Street di New York, muovono le loro pedine per boicottare, distruggere ogni altra realtà geopolitica che possa nuocere al loro potere.
Nell'era moderna, i termini del contendere e dell'operare, ovviamente, si concentrano nel possesso o nel controllo delle materie prime, tra cui spicca il petrolio che, scoperto nella metà dell'ottocento, sta sempre più soppiantando le altre energie indispensabili alla produzione e ai trasporti.Il possesso delle aree petrolifere diviene quindi prioritario e indispensabile, portando in breve tempo, dopo una fase concorrenziale, ad un accordo di spartizione globale delle aree mediorientali, dove le ricerche indicano la presenza di enormi giacimenti, tra la Standard Oil di Rockfeller e la APOC britannica.
Per difendere ed estendere questa ingerenza, l'Alta finanza che da prestatrice di denaro, di acquisizione in acquisizione, si è trasformata in capitale monopolistico finanziario, non ha alcun scrupolo a scatenare guerre immani, rivoluzioni, tragedie di interi popoli, se questo gli consente la liquidazione di Stati, realtà geopolitiche ed economiche che potrebbero essergli di intralcio o fargli concorrenza.
L'esempio più eclatante, ci mostra l'autore, è quello della Russia degli Zar, un società ancora arretrata, ma il cui territorio, pregno di materie prime e di petrolio, potrebbe consentirgli un imponente sviluppo economico, tale da elevarla a pericolosa concorrente dei trust, del capitale monopolista anglo americano in mano ai bansters, soli dominatori dei mercati a cui impongono merci e prezzi e quindi deve essere spazzata via.
La stessa prospettiva della rivoluzione bolscevica, che di fatto, sposterà le necessità geopolitiche ed economiche della Russia comunista, in senso non concorrente a quello del grande capitale monopolistico, è per l'Alta finanza utile alle sue strategie di dominio euro asiatico ed anchea farne una testa di ponte per una futura distruzione della Germania e per il controllo del continente europeo (non a caso, come indica l'autore, nell'economia sovietica, la destinazione maggioritaria e prioritaria del bilancio dello Stato, erano finalizzate proprio al settore degli armamenti).
Ed ecco allora che si attivano, dalle banche americane, tutti i canali di finanziamento verso Lenin, Trotskij e i bolscevichi, i cui sconvolgimenti socio politici, sono vantaggiosi per queste strategie.
L'autore poi espone i veri interessi che sono dietro la Grande Guerra;la scomoda e concorrenziale posizione della Germania del Kaiser, per il capitale monopolistico anglo americano, soprattutto nel settore del petrolio mediorientale; gli infami stravolgimenti dettati a Versailles da statisti e diplomazie controllate dalla massoneria e dalla finanza.
In questo gran daffare, in questi traffici, prima e dopo la guerra mondiale, viene creata la Federal Reserve (1910-1913) che non solo prende in mano tutta la finanza statunitense, ma crea un sistema, il Federal Bank System, che verrà imposto a tutte le banca centrali del pianeta. Non indifferenti sono poi la creazione di quegli organismi ed Istituti, come il Council on Foreign Relationsche, affiancandosi al Royal Institute of International Affairs britannico, che completa l'asse anglo americano sui due oceani, agendo trasversalmente e al di sopra degli Stati,dettano le politiche nazionali, preparano e selezionano le personalità, i politici e i tecnici, che dovranno "guidare" le singole nazioni. A questi Istituti si aggiungeranno, con la seconda guerra, la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale, a completare il controllo planetario da parte dell'Alta finanza.
Non indifferente è poi il progetto, che si rende fattibile con la distruzione dell'Impero Ottomano, e l'intervento americano in guerra del '17, della creazione dello Stato di Israele con la finalità di avere un presidio a difesa delle aree mediorientali pregne di petrolio.
La liquidazione degli Zar e degli Imperi Centrali, avviene dietro una grande carneficina, rivoluzionaria (rivoluzione bolscevica) e bellica (Prima guerra mondiale, sapientemente gestita e finanziata dalle nascenti "powerèlites": capitalismo finanziario monipolista e massoneria, che dopo aver finanziato gli opposti arsenali militari delle nazioni e delle dinastie (i cui beni, come quelli dello Zar, sono affidati in pegno alle banche dei Rothschild a Londra), li avviano verso la inevitabile deflagrazione bellica a cui quegli arsenali erano finalizzati.
L'autore poi ci mostrerà il volto di queste powerèlites, descrivendone i loro uomini, l'articolazione della banche dei Rothschild con le loro succursali in mezzo mondo, i suoi fiduciari e i gruppi finanziari petroliferi.
Sono le Powerèlites,dietro le indicazioni delle stesse organizzazioni ebraiche che esaspereranno l'antisemitismo in Germania, come già avevano fatto ai tempi dei sanguinosi pogrom in Russia, al fine di spingere i numerosi ebrei tedeschi ad emigrare in Palestina per dare corpo e sostegno al nascente stato ebraico. Il terrore sparso in Russi, agli inizi del secolo scorso, doveva invece essere necessario per spingere numerosi ebrei ad emigrare in America a patto che, qui giunti ed immediatamente sistemati, avessero sostenuto il candidato democratico Wilson, marionetta in mano alla finanza, per farlo eleggere.
In questa prospettiva, lobby ebraiche e lobby finanziarie, non sono aliene perfino a sostenere finanziariamente Hitler e il NDSP, sostegno a cuisono anche interessati alcuni grandi monopoli del petrolio (Standard Oil del New Jersey), dell'industria (Ford) e della chimica (IG Farben), laddove il business non guarda in faccia nessuno. Ecco, ancora una volta, messo in luce l'oscuro lato degli avvenimenti storici che non sono mai perfettamente chiari e lineari come possono apparire in superficie.
Di estremo interesse la ricostruzione dell'autore sulla grande speculazione borsistica del '29; lo strangolamento della Germania di Weimar e i piani di ricostruzione sostenuti dalla interessata finanza americana, tutto rientrante in un ben preciso progetto di dominio finanziario; l'avvento al potere negli USA dell'uomo di Wall Street: Roosevelt;i successivi tentativi tedeschi della Germania nazionalsocialista per arginare le intermediazioni bancarie e imporre il sistema degli scambi internazionali con il baratto (materie prime in cambio di prodotti finiti e tecnologicamente di pregio); l'attacco tedesco alla Russia del 1941 che oggi ben sappiamo è stato un disperato anticipo di un analogo attacco sovietico, da tempo predisposto e in fase avanzatissima, che venne preceduto di un paio di settimane. Stalin conosceva benissimo i piani di attacco tedeschi, anzi, dal Giappone la spia Sorge gli aveva fatto avere persino i tempi di questo attacco, ma il pur diffidente georgiano, in parte deviato dallo "strano" viaggio di Hess in Inghilterra che poteva ragionevolmente far sospettare un accodo antisovietico tra tedeschi e inglesi e il non risolvibile problema di non poter attaccare subito i tedeschi prima di aver completato lo schieramento offensivo, né di punto in bianco, poter riportare le forze armate sovietiche su posizioni difensive, costrinsero Stalin a tergiversare, a far finta di nulla, sperando di avere almeno un paio di settimane di tempo, prima di essere attaccato e poter così precedere i tedeschi come da tempo aveva predisposto.
Per completare l'opera l'autore ci svela il Corporate banking e il suo piano di dominio mondiale, spaziando su una infinità di argomenti e di nascoste trame, non esclusi i perversi meccanismi del famigerato "debito pubblico", regalino del Federal System Bank, imposto alle Nazioni..
Ma si badi bene: nonostante il sottotitolo del libro di Pucciarelli: "L'inconfessabile storia del Potere dal XX Secolo al Terzo millennio", le tesi dell'autore non sono complottiste, non avanzano ipotesi più o meno astruse o viceversa ragionevoli ma "oscure", perché l'autore espone i fatti, li mette in relazione, quindi fa osservare le conseguenze che ne sono derivate e cita, a dimostrazione, tutte le necessarie documentazioni.
L'opera di Pucciarelli merita comunque una precisazione, perché se proprio dobbiamo avanzare un critica, possiamo rilevarla nel fatto che l'autore, oltre a mostrarci le sue ricerche, analisi e deduzioni, avrebbe anche dovuto spendere qualche parola in per inquadrare il tutto in una necessaria visione della Storia, per non prestare il fianco a facili equivoci laddove, per esempio, pur non essendo questa l'intenzione dell'autore, leggendo così la Storia, potrebbe anche apparire come se Hitler e Mussolini non furono nient'altro che pedine dell'Alta finanza, quando le cose non stanno propriamente così.
Certamente l'autore riporta anche il fatto che, per esempio, i banksters, dopo aver favorito l'ascesa di Hitler al potere per i loro scopi ed avergli anche consentito lo sviluppo della Germania, a patto che rimanesse dipendente dal petrolio, che non aveva, contrariamente ai loro desideri, in Germania si venne a determina una gravissima anomalia nel funzionamento dei meccanismi finanziari che consentivano alla èlite dei banchieri internazionali di controllare l'intera economia mondiale. Hitler, infatti, volle instaurare un certo quadro economico e monetario che smontava l'accumulo interno del debito pubblico, mirava a ridurre ed azzerare la presenza del capitale privato nella banca centrale tedesca ed anzi mostrava la volontà di volerla nazionalizzare, come poi in effetti avvenne nel giugno del 1939. Se a questo si aggiunge il già citato sistema del "baratto", con il conseguente taglio delle intermediazioni bancarie negli scambi internazionali, si comprende come la Germania nazionalsocialista era divenuto un pericolo assoluto per i banksters. E lo stesso, sia pure on metodi meno drastici, stava avvenendo nell'Italia fascista. La guerra mondiale, per spazzare via questo "pericolo" di incalcolabile portata, era oramai inevitabile.
Tutto questo, l'autore, en passant, lo espone e lo ricorda qua e là, ma sarebbe forse stato necessario che lo indicasse in un apposito capitolo che riconduceva tutta la sua opera ad una visione organica della Storia.
Prendiamo un altro esempio, quello su quanto riportato dall'autore circa i finanziamenti inglesi che vennero elargiti a Mussolini, dalla prima guerra mondiale, quale agitatore poltico e direttore del Popolo d'Italia, fino ai primi anni venti quale Ducedel fascismo e capo del governo. Più o meno è la tessa circostanza che si può riscontrare per il NSDAP di Adolf Hitler, quando l'autore ci mostra come a questi due fenomeni politici e al successo dei loro leader, non erano anche estranei gli interessi e l'opera delle powerèlite finaziarie.
Detto così, senza un appropriato commento, potrebbe sembrare che il fascismo e il nazionalsocialismo siano state due creature delle strategie mondialiste dell'Alta finanza, proprio come in buona parte lo fu la rivoluzione bolscevica del 1917, quando poi, come già accennato, l'evolversi delle situazioni storiche ci mostrano che mentre il bolscevismo e lo stalinismo, furono effettivamente funzionali, prima, durante e dopo la loro esistenza, ai progetti dei banksters, viceversa il fascismo, e il nazionalsocialismo, con la edificazione di una loro forma di Stato nazional-popolare, dove prevalevano gli aspetti etici e politici, rispetto a quelli economici e finanziari, sono stati i due soli veri e grandi oppositori del mondo finanziario e forse le uniche due forse che, concretamente, cercarono di scardinare il Federal Bank System e le consuetudini usurocratiche e commerciali del sistema bancario internazionale, tendendo anche a sostituire l'importanza dell'ora con quella della "forza lavoro". Insomma nazionalsocialismo e fascismo batterono le campane a morte per il potere dell'Alta finanza. La seconda guerra mondiale né è la prova storica.
Purtuttavia, ha ragione l'autore, questi "aiuti", questi finanziamenti, a Hitler e Mussolini ci sono pur stati e quindi occorre anche spiegarli e inquadrarli in un contesto storico.
Si da il caso, infatti, che quando nella storia, nelle cronache quotidiane di vita, si presentano movimenti o personalità di un certo spessore, che intraprendono un determinato percorso politico, o accendono iniziative più o meno rivoluzionarie, subito ci sono gli immancabili "poteri forti" che cercano di sostenere per utilizzare, sfruttare e incanalare nei propri fini queste nuove situazioni.
È questa una Legge storica inevitabile, una costante che scaturisce dal fatto che il "nuovo", intanto non nasce mai a caso ed inoltre va ad innestarsi, ad incidere, sul preesistente. E nel quadro preesistente c'è sempre un potere o un insieme di poteri che dominano su tutto e hanno interesse a utilizzare per i propri scopiuomini, idee e forze che presentano un certo interesse, al fine di difendere e incrementare il loro potere..
La realtà della natura umana mostra che chi ha le leve di potere che contano, cerca sempre di piegare ai suoi fini le novità storiche, se non addirittura a crearle in"laboratorio".
L'Alta Finanza, quel capitale monopolistico a carattere finanziario che tanto bene Pucciarelli ci ha descritto, non fa eccezione, anzi è l'espressione massima di un "controllo dietro le quinte", essendo una realtà di potere che agisce con discrezione, utilizzando per lo più l'arma del denaro a cui gli esseri umani sono sensibili e che, a partire dalla seconda meta dell'800, fino a tutt'oggi, è quella che impera, che conta, che detiene il controllo della geopolitica internazionale.
Anzi l'Alta finanza, a differenza di altre forme di potere di un tempo, siano esse il Trono o l'Altare, per sua natura, è consona finanziare sempre i due lati del contendere, siano essi partiti in lotta con il potere costituito, o Stati in guerra tra loro. Sostenere, finanziare, corrompere, a prescindere di cosa rappresenta chi si sta sostenendo, è un metodo infallibile che consente a chi è sopra gli scontri e le diatribe, di guadagnarci sempre e di controllarne, in qualche modo, gli sviluppi. Tranne il fatto che, qualche volta, come nel caso di Hitler e Mussolini, azzardano troppo e sbagliano i conti.
Ma torniamo a Mussolini e al fascismo. È perfettamente vero quanto riporta l'autore: i britannici finanziarono Mussolini nei primi anni della sua avventura politica e continuarono a farlo anche dopo nei suoi primi anni di capo del governo.
Gli inglesi, infatti, già dal 1914, dalla nascita del Popolo d'Italia, non potevano non sostenere una iniziativa politica, portata avanti da un uomo di indubbie capacità, che mirava all'interventismo, essendo i britannici oltremodo interessati all'entrata in guerra dell'Italia al loro fianco. Ma non si trattava solo di strategie pro belliche, di carattere "diplomatico"; nel grande disegno che doveva portare alla conflagrazione mondiale, c'erano anche gli accennati interessi delle "powerèlites" finanziarie, e della massoneria.
Non a caso i finanziamenti a Mussolini passarono attraverso le massoniche mani di quel Filippo Naldi, gran faccendiere e già direttore del Resto del Carlino. En passant facciamo rilevare come il Naldi, andato in disgrazia dopo il delitto Matteotti, fuoriuscito all'estero, lo ritroviamo nel 1943 nel governo badogliano sotto l'egida degli Alleati a dimostrazione di come Fascismo, massoneria e Alta Finanza, nonostante certi connubi del passato,erano tra loro nemici irriducibili.
Successivamente i finanziamenti si consolidarono, attorno al 1917 quando si temeva, dopo Caporetto, il crollo del fronte interno nel nostro paese. Chi meglio di Mussolini poteva, in quel delicato e tragico frangente, sostenere l'impegno bellico della nazione e contrastare le correnti disfattiste?E sembra infatti che dovette intervenire anche l'MI5 britannico, l'Intelligence, per elargire finanziamenti a Mussolini e alla sua attività giornalistica.
A guerra conclusa poi, un certo sostegno a Mussolini e il fascismo rientrava invece in una strategia dei britannici, in "prospettiva" e di più ampio respiro. Intanto gli inglesi erano interessati, per motivi opposti a quelli che invece non li vedevano troppo ostili in Russia al bolscevismo, a che venisse contrastato in Italia, il velleitario tentativo bolscevico del 1919-'20. In un secondo momento poi, sempre ai britannici, faceva comodo che in Italia si consolidasse un regime forte, autoritario, in grado di dominare la situazione interna e assurgere così ad un indiretto compito di "guardiano" del mediterraneo, un mare che gli inglesi, per ragioni geopolitiche, consideravano di loro assoluta necessità e possesso, soprattutto da quando, nella seconda metà del secolo precedente, era stato aperto il canale di Suez.
Come si vede quindi, le strategie britanniche e l'attività politica di Mussolini, il regime autoritario che si andava ad instaurare nel nostro paese, si venivano a trovare su uno stesso piano di interessi e questo non poteva che portare ad un "incontro", al fatto che gli inglesi puntassero proprio su Mussoliniper la gestione del potere in Italia (la Legge storica da noi precedentemente richiamata). Gli apprezzamenti verso il regime fascista, espressi da Churchill, il suo viaggio in Italia e l'ospitalità che ebbero alcuni sui articoli sul Popolo d'Italia di Mussolini, non furono di certo causali.
Ma sbagliarono i loro conti: Mussolini infatti, prese,come è ovvio, là dove poteva prendere, come fanno tutti i rivoluzionari, consapevoli che le iniziative politiche, i giornali e ancor più le rivoluzioni si fanno anche con la disponibilità dei mezzi economici, ma andò dritto per la sua strada.
Il fatto è che gli intenti, le prospettive politiche di Mussolini per il nostro paese non erano quelle che pensavano gli inglesi,anzi erano diametralmente opposte, perché opposti e irriducibili erano gli interessi geopolitici in campo tra le due nazioni.
Le collusioni quindi, tra il fascismo e gli inglesi ebbero il loro punto di massimo sviluppo quando Mussolini, giudicando preminente la realizzazione dell'Impero con lo spazio in Africa orientale, si accordò sottobanco con i britannici affinchè gli lasciassero il "passi" in Africa ed in cambio rinunciò ai nostri interessi petroliferi che il neonato Agip avrebbe potuto sviluppare in Irak. Da quel momento in poi, però, le due strade andarono verso obiettivi separati, salvo il fatto che Mussolini essendo alle prese con una geopolitica peninsulare e insulare, senza avere i mezzi economici e militari per sostenerla, si dovette sempre barcamenare per mantenere in Europa un balance of power, uno stato di equilibrio in cui non prevalessero nettamente né i britannici, né la nascente potenza germanica, e neppure che questi due colossi si mettessero d'accordo tra di loro, su prospettive di dominio globali.
Era quello l'unico modo e da Stresa, fino a Monaco, Mussolini lo perseguì caparbiamente, per consentire al nostro paese di sopravvivere, vaso di coccio tra vasi di ferro, e al contempo crescere. La irriducibile volontà delle grandi democrazie, che avevano in prospettiva obiettivi mondialisti, di scatenare a tutti i costi un conflittomondiale, lo travolse inesorabilmente.
In quel contesto storico il posto dell'Italia, l'unico ruolo che gli restava disponibile, era quello che la destinava comunque ad essere una junior partner, e questo poteva avvenire solo con la Germania perché le divergenze geopolitiche con i britannici erano nette e insanabili. Mussolini, che aveva sempre messo al primo posto gli interessi nazionali, non potè che incamminarsi su quella pericolosa e purtroppo perdente strada.
Ecco, abbiamo voluto integrare noi, con queste poche note, il quadro complessivo dell'epoca, descritta da Pucciarelli, la quale letta integralmente pur sotto intende la stessa cosa, per far meglio osservare che non può di certo parlarsi di Mussolini come una "creatura" della politica britannica, perché le cose non stanno in questo modo e la realtà storica è sempre molto più complessa di quanto appaia in superficie. 

Maurizio Barozzi  

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