domenica 10 dicembre 2017

Macellai del risorgimento

Loreto Giovannone conclude per quest’anno la sua rassegna di articoli con rilettura critica di episodi e personaggi del periodo risorgimentale

9 Dicembre
12:00 2017
"I popoli che non fanno i conti con la loro Storia attraverso la ricerca della verità e continuano a perseverare nella menzogna sono destinati a perire ignominiosamente". La frase è scritta in fondo all'articolo "Il dramma di "Pinuccia" Ghersi non si può cancellare dalla storia".
Le parole di altissmo peso morale sono da monito di altri gravi, gravissimi fatti di sangue, giustizia sommaria di fucilati per arbitrio di Stato, rappresaglia militare da un esercito straniero d'invasione e da tirannia di "regime" straniero attuata su intere popolazioni di civili meridionali. Crimini mai puniti.
In parlamento dal 1861 al 1862 si discute se le fucilazioni vanno eseguite sul luogo o dopo i rastrellamenti. Da qualche anno mi riproponevo di scrivere sui macellai della guerra "partigiana" d'insorgenti civili combattuta al meridione a partire dal 1860 contro l'invasione dell'esercito straniero italiano.
i dati sui fatti storici sono tanti anzi tantissimi, i documenti d'Archivi di Stato, archivi storici comunali, nelle stampe dell'epoca sono tanti e impietosi.
Cialdini, De Virgilii, Fumel, Curci, Galateri, Lamarmora sono solo alcuni dei comandanti che commisero una valanga di scellerati crimini con la guerra civile al meridione. Mentre i comandanti erano intenti a fucilare in tutte le ex provincie del regno due Sicilie, alla camera si discuteva delle formalità esecutive. Dal 3 dicembre 1861 al 15 gennaio 1862, dopo oltre un anno di feroci repressioni militari e sistematiche fucilazioni, si opina se le fucilazioni si devono eseguire durante o dopo i rastrellamenti.
Nel parlamento del regno d’Italia:
Miglietti Vincenzo, ministro di grazia e giustizia sui fucilati di Castellammare (Sicilia) finge di non sapere e non sa dare spiegazione … a me che forse meno di tutti i miei colleghi sono in condizione di dare chiarimenti … Crispi Francescoma quando sento ch’egli non conosce neppure come siffatte fucilazioni siano avvenute … mi meraviglio che un consigliere della corona non solo ignori questi sconci. Emilio Broglio ammette alla Camera la guerra, mai formalmente dichiarata, dell’esercito armato alla popolazione del meridione confusamente con i termini: … guerra, od almeno lotta civile, d’insurrezione e di repressioni azioni violente a cui i soldati secondo lui sono obbligati per propria difesa e ordine pubblico, militari contro la popolazione civile? (Camera dei deputati, sessione del 1861, tornata del 15 gennaio, p. 676/78)
Giuseppe Pisanelli: Volete ora, o signori, rimediare al brigantaggio? … certamente è necessario combattere i briganti, ma le sole fucilazioni non bastano. É necessario che la pubblica sicurezza sia organizzata, sia agguerrita in modo da prestare i suoi servizi con vigore e con attività. (Camera dei deputati, sessione del 1861, tornata del 3 dicembre, p. 116)
Pisanelli augurava di aggiungere alle rappresaglie militari delle fucilazioni la ferocia della caccia all’uomo con l’inizio della stagione, durata almeno 15 anni, di taglioni, di società d’assassini, bounty killer, drappelli di civili armati e in divisa, stipendiati co soldo e soprassoldo agli ordini del comandante dei regi carabinieri di zona (due esempi noti Chiaffredo Bergia e il tenente Santarelli), feroci assassini per compensi altissimi, taglie a 12.000 lire, pronti al travestimento ed allo spionaggio, alla caccia all’uomo, all’atavico, arretrato, brigante meridionale, in realtà oppositori politici che difendevano i loro territori, supportati da una rete vastissima di professionisti, artigiani, paesani, agricoli e pastori. L’azione dei portatori di morte era iniziata, la parola d’ordine più usata nelle stampe era sterminare. L’unità d’Italia è fatta di stermini, massacri, rappresaglie, bruciati vivi, una spaventosa voragine di violenze di cui v’è traccia ovunque. Ma per sterminare deve scorrere il sangue, tanto sangue, fu fatto. La morte del nemico andava esibita, ostentata per creare il terrore con i cadaveri in bella mostra, fu fatto, forse la prima volta nella storia moderna che si ripulivano cadaveri, si legavano ai sostegni e si fotografavano con il prete e con il soldato.
La commissione Massari sul brigantaggio (di cui faceva parte Silvio Spaventa) riferiva numeri ben lontani dai numeri reali così come è accertato che la relazione data alle stampe fu la prima, ufficiale menzogna di Stato, la vera fu discussa in parlamento in seduta segreta. Non veri i dati riferiti in parlamento: "Dal mese di maggio del 1861 al febbraio del 1863, abbiamo ucciso o fucilato 7.151 briganti". Pur dando per certi questi dati falsi in 21 mesi la media è di 341 fucilati al mese, 12 al giorno, una strage. Ma la ricerca nelle testimonianze ne evidenzia un numero enorme.
Enrico Cialdini tra i primi ad iniziare lo sterminio, uno spietato e arrogante sgherro, consapevole della sua funzione e del suo potere, oggi a Modena gli intitolano una linea di vini, senza ritegno, senza pietas oggi si usa l’immagine di un feroce sterminatore come marchio commerciale, è come se in Germania si usasse l’immagine di uno sterminatore delle SS per etichetta di un vino del Lander Nordrhein-Westfalen.
Il 18 aprile essendosi bistrattato Fumel, ufficiale piemontese, il quale avea commesso atti notorii di crudeltà, il Deputato Miceli sostenne e disse, che un regno di terrore esisteva in Calabria, e molte persone venivano uccise a sangue freddo. Allora Bixio si alzò, il quale, come è ben noto, è generale Garibaldino, e che per la sua gran conoscenza venne prescelto dal Governo italiano, come membro della Commissione d’inchiesta nella quistione del Brigantaggio, si alzò dunque e disse: che un sistema di sangue era stato stabilito nel mezzogiorno d’Italia, ch’egli abborriva, poiché se l’Italia era per divenire una nazione, non potrebbe divenire il campo di effusione di sangue.
Lord Lennox alla Camera dei Comuni inglese: Fate che la Camera vegga quali furono i fatti reali. Dirò prima di tutto in ordine al brigantaggio così chiamato, che è virtualmente una guerra civile, un movimento spontaneo contro l’occupazione straniera. (La quistione napoletana discussa nel Parlamento inglese otto maggio 1863 Lord Lennox)
Il più grande eccidio della Storia rimasto totalmente impunito.
D’Azeglio denunciò anche i metodi di repressione nei confronti degli insorti. Nel nord Italia – egli notava – si processano i criminali prima di mandarli a morte; “ma con che diritto, al di là del Tronto, li si impicca prima di processarli?” Ben presto i soldati passarono da 90.000 a 120.000, quasi metà dell’intero esercito; e fu una grande crudele carneficina di povera gente, che in fondo chiedeva un po di giustizia sociale. Nella sola Basilicata dal 1861 al 1863 vi furono 1038 fucilati, 2413 uccisi negli scontri e 2768 arrestati. Nel napoletano secondo la relazione ufficiale del generale Cialdini, nei primi mesi della repressione da lui diretta, le incredibili cifre furono queste: 8.968 fucilati, tra i quali 66 preti e 22 frati; 10.604 feriti, 7.112 prigionieri, 918 case bruciate, 6 paesi incendiati, 2.905 famiglie perquisite, 12 chiese saccheggiate. (Lentini G., op. cit). (Marianna Borea. L’Italia che non si fece. p. 235)
Achille Alviani, fucilato il ragazzino che nella tarda primavera del 1862 incontrò, senza volerlo, il Risorgimento. Lo incontrò nei soldati dell’esercito piemontese che da eroici patrioti, risorgimentali, unificatori, combattenti per l’unità della nazione avevano invaso ed occupato con le armi la sua terra e la sua vita. Figlio di Saverio e Maria contadini, incontrò il suo destino quando il grano era maturo, con i campi d’oro, al tempo della mietitura. Nel nome aveva il suo destino, ma doveva morire per pallottole d’invasori stranieri non per la vulnerabilità del tallone. Incontrò il Risorgimento in una scarica di pallottole di soldati piemontesi che lo bucarono da parte a parte e lo lasciarono a terra a morire soffocato nella pozza del suo sangue. Fucilato a 15 anni, dichiarò lui, 17 per il sindaco di Sora dove era nato. Fucilato con l'accusa d'essere brigante, fucilato dall'esercito per rappresaglia a Rivisondoli dalle truppe del maggiore generale comandante le truppe alla frontiera Pontificia Govone o forse dalla compagnia del 35° stanziata in Castel di Sangro. Govone al comando della brigata Forlì scorreva per la Valle Roveto e sterminava negli agguati gli insorgenti che attraversavano il Liri in fondo valle sul confine con gli Abruzzi, una sorta di Sand Creek.
 “Il mattino del 17 Luglio quella banda forte di circa 300 uomini si gettava per Roccavivi su S. Giovanni e S. Vincenzo frazioni di Balsorano e le poneva a sacco. Un distaccamento del 44° di linea di 50 uomini condotto dal Sottotenente Sassù partito da Morino ed altro di egual forza sotto il Maggiore Marsuzzi da Civitella Roveto correvano incontro ai briganti. Questi piegavano allora su Collelungo e Villavallelunga, ma intanto partivano da Avezzano mezza compagnia del 44° col Capitano Wulten ed un drappello di Guardie Nazionali sotto gli ordini del Capitano Jatosti e raggiungevano il nemico all’alba del ‘19 al piede della montagna che sovrasta a Villavallelunga. Si venne ad accanito conflitto ed i briganti piegarono sulla via di Pescasseroli che era già presidiato da un drappello del 35° mandatovi da Sulmona [dal generale Chiabrera]. Stretti da ogni lato pensarono a ripassare il Liri ed abbandonare il regno, ma siccome il Generale Govone ne avea già fatto guardare i varchi dal Tenente Malagoli, i briganti assaliti nella notte del 20 e cinti per ogni verso furono in gran parte distrutti. E così questa fazione tornò a grande onore della Brigata Forlì e del suo bravo generale. (Armando Guarnieri, Otto Anni di Storia Militare in Italia 1859-1866, Firenze 1868).
Insorgenti civili a difesa della propria terra contro un esercito sterminatore. Sterminare e distruggere sono i due termini più usati ed abusati della infinita apologia sparsa ovunque senza vergogna, senza morale a coprire gli efferati eccidi, a gettare fitte nebbie sulla insorgenza civile più grande d’Europa dopo la rivoluzione francese.
Da ricercatore di documenti d’archivio, auspico che non si usino due pesi e due misure. La verità è che i padri fondatori dell’Unità della nazione sono immersi nel sangue non verrà dalle istituzioni, dovrà venire dalla società civile, non c’è via d’uscita. Mi domando se nel mio paese così bistrattato dai governi, così ipocrita con se stesso, stia arrivando il tempo di fare i conti con l’unica verità storica possibile.
"I popoli che non fanno i conti con la loro Storia attraverso la ricerca della verità e continuano a perseverare nella menzogna sono destinati a perire ignominiosamente".

TRATTO DA:
http://www.bdtorino.eu/sito/articolo.php?id=26949

1 commento:

  1. Per non parlare di Fenestrelle....
    ma quando gli insegneranno ai giovani le porcate fatte dai savoia... rigorosamente minuscolo, al soldo della massoneria e dell'Inghilterra?

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