martedì 1 novembre 2011

L’isola dei Naufraghi e la favola del Signoraggio

di Louis Even

1. Salvati dal naufragio

Un’esplosione ha distrutto la loro nave. Ognuno si aggrappava ai primi pezzi flottanti che gli capitano sotto le mani. Cinque sono riusciti a trovarsi riuniti sullo stesso relitto che le onde spinge a loro volontà. Degli altri compagni del naufragio alcuna notizia. Da ore, lunghe ore, scrutano l’orizzonte: qualche nave in viaggio li vedrà? La loro zattera di fortuna approderà su qualche riva ospitale?

Ad un tratto, si sente un grido: Terra! Terra laggiù! Guardate! Proprio nella direzione che le onde ci spingono! Ed a misura che si disegna, in effetto, la linea d’una riva, i visi si rallegrano. Essi sono cinque: Francesco, il grande e forte carpentiere, che per prima ha gridato: Terra!

Paolo, coltivatore, è quello che voi vedete avanti a sinistra, inginocchiato, una mano a terra e con l’altra si tiene aggrappato al palo del relitto. Giacomo, specialista per l’allevamento di animali; è l’uomo con i pantaloni a righe, il quale, inginocchiato guarda verso la direzione indicata. Enrico, dottore in agraria, un pò grassotto, seduto su una valigia salvata dal naufragio. Tommaso, ingegnere mineralogista, è il pezzo d’uomo in piede, indietro, con la mano sulla spalla del carpentiere.

2. Un’isola provvidenziale

Rimettere i piedi su una terra ferma, per i nostri uomini è un ritorno alla vita. Una volta asciugati e riscaldati, il loro primo pensiero è di fare conoscenza con questa isola dove sono stati spinti lontani dalla civilizzazione. Questa isola la battezzano col nome: L’Isola dei Naufraghi.

Un rapido giro sull’isola colma le loro speranze. L’isola non è un deserto arido. Essi sono i soli uomini ad abitarla attualmente. Ma altri hanno dovuto viverci prima di loro e lo capiscono dal fatto che hanno incontrato qua e là sull’isola greggi semi selvaggi. Giacomo, l’allevatore, afferma che potrà migliorarli e trarne un buon rendimento. In quando al suolo dell’Isola, Paolo lo trova in gran parte assai propizio alla coltura. Enrico ha scoperto alberi fruttiferi e spera poter ottenerne grande profitto.

Francesco vi ha notato sopratutto le belle distese forestali, ricche in legno di ogni specie: sarà molto facile abbattere alberi e costruire ricoveri per la piccola colonia. In quanto a Tommaso, l’ingegnere, ciò che lo ha interessato è la parte la più rocciosa dell’Isola. Egli vi ha notato molti segni indicando un sottosuolo molto ricco di minerali. Nonostante la mancanza di attrezzi perfezionati, Tommaso crede avere abbastanza iniziativa e scaltrezza per trasformare il minerale in metalli utili. Ognuno potrà dunque occuparsi alle sue opere favorite per il bene della comunità. Tutti sono unanimi a lodare la Provvidenza per lo scioglimento relativamente felice d’una grande tragedia.

3. Le vere ricchezze

Ecco i nostri uomini al lavoro. Le case ed i mobili sono costruiti dal falegname. Nei primi tempi, ci siamo accontentati di alimenti primitivi. Ma ben presto i campi coltivati danno buoni raccolti. Stagioni dopo stagioni, il patrimonio dell’Isola si arricchisce. Egli si arricchisce non d’oro o di denaro stampato, ma di vere ricchezze: cose che nutrono, che abbigliano, che ricoverano, che rispondono ai veri bisogni. La vita non è sempre facile come vorrebbero. Ad essi mancano tante cose alle quali erano abituati nella civiltà. Ma la loro sorte potrebbe essere molto più triste. D’altronde, essi hanno già conosciuto tempi di crisi in Canada. Essi ricordano le privazioni a cui sono stati sottoposti, mentre che i magazzini erano pieni a dieci passi dalla loro porta di casa. Almeno, sull’Isola dei Naufraghi, nessuno li condanna a vedere marcire, sotto i loro occhi, cose di cui hanno bisogno. Poi le tasse sono sconosciute. Non c’è da temere i sequestri. Se il lavoro è duro talvolta, almeno si ha il diritto di godere dei frutti del lavoro. Insomma, sfruttano l’Isola, benedicendo Dio, sperando un giorno di poter ritrovare parenti ed amici, con due grandi beni conservati: la vita e la salute.

4. Il maggiore inconveniente

Il nostri uomini si riuniscono spesso per discutere dei loro affari. Nel sistema economico molto semplice che essi praticano, una cosa gli ritorna in mente sempre più: essi non hanno alcuna specie di moneta. Lo scambio, diretto di prodotti con prodotti, ha molti inconvenienti. I prodotti da scambiarsi, non si trovano sempre l’uno in cambio dell’altro nello stesso tempo. Cosi avviene che la legna consegnata al coltivatore durante l’inverno, potrà essere rimborsata in legumi soltanto fra sei mesi. Molte volte viene consegnato di una sola volta un grosso articolo, da uno degli uomini, ed in cambio, vorrebbe differenti piccoli articoli, prodotti da parecchi altri uomini, ed in epoche differenti. Tutto questo complica gli affari. Se vi fosse denaro in circolazione, ognuno potrebbe vendere i suoi prodotti agli altri in cambio di denaro. Con la moneta ricevuta si potrebbero comprare dagli altri le cose che si desiderano, quando le si desidera e quando vi sono. Tutti sono d’accordo a riconoscere la comodità di possedere un sistema monetario. Ma nessuno di loro sa come stabilirne uno. Hanno imparato a produrre la vera ricchezza, le cose. Ma non sanno fare i simboli, il denaro. Essi ignorano come il denaro si crei e come farlo nascere quando non ce n’è e come si decide insieme di averlo… Senza dubbio molti uomini istruiti sarebbero altrettanto nell’imbarazzo. Tutti i nostri governanti lo sono stati negli anni prima della guerra. Solo il denaro mancava al paese ed il governo restava paralizzato di fronte a questo grave problema.

5. Arrivo d’un rifugiato

Una sera che i nostri uomini, seduti sulla spiaggia, parlano per la centesima volta di questo problema, all’improvviso vedono avvicinarsi una barca guidata da un solo uomo. S’affrettano ad aiutare il nuovo naufrago. Gli offrono le prime cure e discorrono. Apprendono che è un Europeo, il solo sopravvissuto di un naufragio. Il suo nome: Martin, Golden. Felici di avere un altro compagno, i cinque uomini lo accolgono con calore e gli fanno visitare la colonia.

— “Malgrado che siamo sperduti e lontani dal resto del mondo, gli dicono, non siamo proprio da compiangere. La terra rende molto bene ed anche la foresta. Una sola cosa ci manca: non abbiamo denaro per facilitare lo scambio dei nostri prodotti.”

— “Benedite l’azzardo che mi ha portato qui! risponde Martin. Il denaro non ha misteri per me. Io, sono un banchiere ed in poco tempo posso installarvi un sistema monetario che vi darà soddisfazione.”

Un banchiere!… Un banchiere!… Un angelo venuto direttamente dal cielo non avrebbe ispirato più di reverenza. Nei paesi civilizzati tutti sono abituati ad inchinarsi davanti ai banchieri che controllano le pulsazioni della finanza.

6. Il dio della civiltà

— “Signor Martin, poiché siete banchiere, voi non lavorerete sull’Isola. Vi occuperete solamente dello nostro denaro.”

— “Io me ne disobbligherò colla soddisfazione, come ogni banchieri, di stimolare la prosperità comune.”

— “Signor Martin, vi costruiremo una dimora degna di voi. Nel fra tempo, vi possiamo installare nell’edificio che serve alle nostre riunioni pubbliche?”

— “Molto bene, amici miei. Ma incominciamo a sbarcare tutto ciò che sono riuscito a salvare dal naufragio: una piccola pressa, della carta e soprattutto un piccolo barile che tratterete con molto cura.”

Si sbarca tutto. Il piccolo barile intriga la curiosità della nostra brava gente.

— “Questo barile, dichiara Martin, è un tesoro senza pari. È pieno d’oro!”

Pieno d’oro! Cinque anime mancarono di sprigionarsi da cinque corpi. Il dio della civiltà entrato nell’Isola dei Naufraghi. Il dio giallo, sempre nascosto, ma potente, terribile, di cui la presenza o l’assenza o i minimi capricci possono decidere della vita di 100 nazioni!

— “Dell’oro! Signor Martin, vero grande banchiere! Ricevete i nostri omaggi ed i nostri giuramenti di fedeltà.”

—- “Dell’oro per tutto un continente, miei amici. Ma non è l’oro che deve circolare. Bisogna nascondere l’oro: l’oro è l’anima di tutto il denaro sano. L’anima deve restare invisibile. Io vi spiegherò tutto ciò quando vi darò il denaro.”

7. Un seppellimento senza testimone

Prima di separarsi per la notte, Martin gli rivolge un’ultima domanda: “Per incominciare, di quanto denaro avreste bisogno sull’Isola, per facilitare i vostri scambi?” Si guardano. Consultano umilmente lo stesso Martin. Con le suggestioni del benevolo banchiere si conviene che $200 per ognuno paiono abbastanza per incominciare. Appuntamento fissato per domani sera. Gli uomini si ritirano, scambiano tra di loro, riflessioni commosse, vanno a dormire tardi, s’addormentano bene soltanto verso il mattino, dopo avere a lungo sognato d’oro ad occhi aperti. Martin, lui, non perde tempo. Dimentica la sua stanchezza per non pensare che al suo avvenire di banchiere. Allo spuntare del giorno scava un fosso e rotola il barile dentro, lo copre di terra, lo dissimula con dei ciuffi d’erba accuratamente posti, vi trapianta un piccolo arbusto per nascondere ogni traccia. Poi egli mette in moto la sua piccola pressa, per stampare mille biglietti da un dollaro. Vedendo i biglietti uscire della pressa, tutti nuovi, sogna in se stesso:

— “Come sono facili da fare questi biglietti! Essi prendono il loro valore dai prodotti che serviranno a comprare. Senza prodotti, i biglietti non varrebbero nulla. I miei cinque ingenui clienti non pensano a ciò. Essi credono che è l’oro che garantisce i dollari. Io li tengo per la loro ignoranza!”

Quando arriva la sera, i cinque si riuniscono presso Martin.

8. A chi il denaro fatto di fresco?

I cinque mucchietti di biglietti erano là, sul tavolo.

— “Prima di distribuirvi questo denaro, disse il banchiere, bisogna intendersi.”

“Il denaro è basato sull’oro. L’oro, collocato nella volta della mia banca, è mio. Dunque il denaro è mio … Oh! Non siate tristi. Io vi presterò questo denaro e voi l’userete a vostro piacere. In attesa, io non vi carico che gli interessi. Visto che il denaro è raro sull’Isola, essendo che non ce n’è affatto, io credo di essere ragionevole, domandandovi solo un piccolo interesse dell’otto per cento.”

— “In effetti, Signor Martin, voi siete molto generoso.”

— “Un ultimo punto, miei amici. Gli affari sono gli affari, anche tra grandi amici. Prima di toccare il suo denaro, ognuno di voi, firmerà questo documento: c’è l’impegno per ognuno di voi di rimborsare capitale ed interessi, pena la confisca delle vostre proprietà. Oh! Una semplice garanzia. Io non tengo per nulla ad avere mai le vostre proprietà, io mi contento del denaro. Io sono sicuro che voi conserverete i vostri beni e che mi restituirete il denaro.”

— “È pieno di buon senso, Signor Martin. Noi raddoppieremo d’ardore al lavoro e vi rimborseremo tutto.”

— “Va bene. E tornate a trovarmi ogni qual volta che avrete dei problemi. Il banchiere è il migliore amico di tutti… Adesso, ecco ad ognuno i suoi 200 dollari.”

Ed i nostri cinque uomini se ne vanno contenti, la testa e le mani piene di dollari.

9. Un problema d’aritmetica

Il denaro di Martin ha circolato nell’Isola. Gli scambi si sono moltiplicati, semplificandosi. Tutti si rallegrano e salutano Martin con rispetto e gratitudine. Frattanto, Tommaso, l’ingegnere, è inquieto. I suoi prodotti sono ancora sotto la terra. Non ha più in tasca che qualche dollaro. Come potrà rimborsare alla prossima scadenza il banchiere? Dopo aver ragionato a lungo sul suo problema individuale, Tommaso considera questo socialmente: “Considerando la popolazione dell’Isola tutta intera, pensa, siamo noi in grado di mantenere i nostri impegni ? Martin ha fatto una somma totale di $1,000. Egli domanda una somma di $1,080. Anche se prendessimo tutto il denaro dell’Isola per portarglielo, arriveremmo a $1,000 e non $1,080. Nessuno ha stampato gli $80 in più. Noi facciamo prodotti, non dollari. Martin potrà dunque sequestrare tutta l’Isola, poiché noi tutti insieme, non possiamo restituire capitale ed interessi.

“Quelli che sono capaci rimborseranno i loro dollari, senza preoccuparsi degli altri, molti caderanno subito, altri sopravviveranno. Ma, il turno degli altri verrà ed il banchiere prenderà tutto. Dunque sarà meglio mettersi insieme immediatamente e regolare quest’affare socialmente.”

Tommaso non ha difficoltà a convincere gli altri che Martin li ha imbrogliati. Tutti si danno appuntamento presso dal banchiere.

10. Benevolenza del banchiere

Martin indovina il loro stato d’animo, ma fa buona faccia. L’impetuoso Francesco presenta il caso: — “Come possiamo noi portarvi $1,080 quando non ce n’è che $1,000 in tutta l’Isola?” — “È l’interesse, miei buoni amici. Non è la vostra produzione aumentata?” — “Si, ma, il denaro, lui, non è aumentato. Ora, c’è giustamente del denaro che voi reclamate e non dei prodotti. Voi solo potete fare del denaro. Ora voi non avete fatto che $1,000 e ne domandate $1,080. Questo è impossibile!”

— “Aspettate, miei amici. I banchieri sono coscienziosi e si adattano sempre alle esigenze della comunità… Io non vi domanderò che l’interesse. Niente di più degli 80 dollari. Voi continuerete a tenere il capitale.”

— “Voi ci abolite i nostri debiti?”

— “No, mi dispiace, ma un banchiere non rimette mai un debito. Voi mi dovete ancora tutto il denaro prestato. Ma voi non mi rimetterete ogni anno che l’interesse. Se voi siete assidui nel pagare l’interesse, io non vi incalzerò per il rimborso del capitale. Alcuni di voi potranno avere difficoltà a pagare persino il loro interesse, poiché il denaro va da una persona all’altra. Allora organizzatevi come una nazione e fondate un sistema fiscale. Ciò significa imporre tasse. Voi tasserete di più quelli che avranno più denaro, e gli altri meno. L’importante è che voi paghiate collettivamente il totale dell’interesse, io sarò soddisfatto e la vostra nazione andrà bene.”

I nostri uomini rincasano metà calmati e metà pensierosi.

11. L’estasi di Martin Golden

Martin è solo. Qualche minuto di raccoglimento. Egli conclude: “Il mio affare è buono. Buoni lavoratori, questi uomini, ma ignoranti. La loro ignoranza e fiducia fanno la mia forza. Essi volevano del denaro, io gli ho passato delle catene. Essi mi hanno coperto di fiori, mentre io li ingannavo. “Oh! grande banchiere, io sento il tuo genio impadronirsi dei mio essere. Tu lo hai ben detto, illustre maestro: «Che mi sia accordato il controllo del denaro di una nazione ed io m’infischio di chi fa le sue leggi.» Io sono il padrone dell’Isola dei Naufraghi, perché ho il controllo del suo sistema monetario. “Io potrei controllare un universo. Ciò che faccio qui, io, Martin Golden, lo posso fare nel mondo intero. Che io esca, un giorno, di questa Isola: so come governare il mondo senza bisogno di uno scettro.”

E tutta la struttura del sistema bancario sorge nello spirito lietissimo di Martin.

Crisi di carovita.

Frattanto, la situazione peggiora sull’Isola dei Naufraghi. Anche se aumenta la produttività, gli scambi diminuiscono. Martin pretende sempre più regolarmente i suoi interessi. Bisogna preoccuparsi di mettere denaro da parte per lui. E ce n’è poco in circolazione.

Quelli che pagano più tasse gridano contro gli altri e aumentano i loro prezzi . I più poveri, che non pagano tasse, gridano contro il costo della vita troppo caro e comprano meno.

Il morale diminuisce, la gioia di vivere se ne va. Non si ha più cuore al lavoro. I prodotti si vendono male; e quando si vendono, bisogna usarli per pagare le tasse per Martin. La gente si priva di tutto ormai. È la crisi. Ed ognuno accusa il suo vicino di essere la causa della vita sempre più cara.

Un giorno, Enrico, riflettendo nel mezzo del suo frutteto, conclude che il “progresso” apportato dal sistema monetario del banchiere, ha rovinato tutto nell’Isola. Certamente, i cinque uomini hanno i loro difetti; ma il sistema di Martin alimenta il peggio della natura umana.

Enrico decide di far riflettere i suoi compagni sulla situazione. Incomincia da Giacomo. Subito fatto: “Eh! dice Giacomo, non sono affatto sapiente, io; ma è da molto tempo che io me ne sono convinto: il sistema di quel banchiere è più putrido del letame della mia stalla della scorsa primavera!”

Tutti si convincono l’uno dopo l’altro, ed un nuovo incontro con Martin è deciso.

13. Presso il fabbro di catene

Ci fu una vera tempesta presso il banchiere:

— “Il denaro è raro sull’Isola, Signor Martin, perché voi ce lo togliete. Vi paghiamo, vi paghiamo, e vi dobbiamo ancora più di prima. Lavoriamo, facciamo le terre più belle, ed ecco che siamo più mal presi di prima che voi arrivaste. Debito! Debito! Debito fin sopra i capelli!”

— “Orsù! miei amici, ragioniamo un po. Se le vostre terre sono più belle, è grazie a me. Un buon sistema bancario è il più bel attivo per un paese. Ma per approfittarne bisogna, prima di tutto conservare la fiducia nel banchiere. Venite a me come ad un padre… Voi volete altro denaro? Molto bene. Il mio barile d’oro vale molte volte mille dollari… Tenete, io ipotecherò le vostre nuove proprietà e vi presterò immediatamente altri mille dollari.”

— “Ancora più di debiti? Ancora più interessi da pagare ogni anno, e che non finiranno mai?

— “Si, ma, io ve ne presterò ancora altrettanto perché voi possiate aumentare la vostra ricchezza fondiaria; e voi non mi restituirete che l’interesse. Voi accumulerete i prestiti, li chiamerete: debito consolidato. Debito che potrà aumentare di anno in anno. Ma aumenterà anche il vostro reddito. Grazie ai miei prestiti, voi svilupperete il vostro paese.”

— “Allora, più il nostro lavoro farà produrre l’Isola, più il nostro debito totale aumenterà?”

— “Come in tutti i paesi civilizzati, il debito pubblico è un barometro della prosperità.”

14. Il lupo mangia gli agnelli

— “Questo è quello che voi chiamate denaro sano, Signor Martin? Un debito nazionale divenuto necessario ed inestinguibile, tutto questo non è sano, è malsano.”

— “Signori, ogni denaro sano deve essere basato sull’oro e deve uscire dalla banca allo stato di debito. Il debito nazionale è una buona cosa: esso mette i governi sotto la saggezza incarnata nei banchieri. E come ogni buon banchiere, io sono una fiaccola di civiltà nella vostra Isola.”

— “Signor Martin, noi non siamo che degli ignoranti, ma noi non vogliamo affatto quella civiltà. Noi non prenderemo più a prestito un solo soldo da voi. Denaro sano o non sano, noi non vogliamo più fare affari con voi.”

— “Mi dispiace questa decisione goffa, Signori. Ma, se rompete il contratto con me, io ho le vostre firme. Rimborsatemi immediatamente tutto, capitale e interessi.”

— “Ma, questo è impossibile, Signore. Anche restituendovi tutto il denaro dell’isola, non saremmo comunque liberi.”

— “Io non posso farci niente. Avete voi firmato, si o no? Si! Ebbene, in virtù della santità dei contratti, io sequestro tutte le vostre proprietà ipotecate, come convenuto tra noi, al tempo in cui eravate cosi contenti di avermi. Voi non volete servire con le buone la potenza del denaro, voi la servirete con la forza. Voi continuerete a sfruttare l’Isola, ma per me e alle mie condizioni. Andate. Io vi darò i miei ordini domani.”

15. Il controllo del giornali

Martin sa che colui che controlla il sistema ‘monetario di una. nazione, controlla questa nazione. Ma lui sa anche, che, per mantenere questo controllo bisogna mantenere il popolo nell’ignoranza e distrarlo con altre cose.

Martin ha notato che, tra i cinque uomini, due sono conservatori et tre sono liberali. Lo ha notato dalle conversazioni dei cinque, la sera, soprattutto da quando sono diventati suoi schiavi. E il perfido Martin farà di tutto per aumentare le loro divisioni politiche.

Di quando in quando, Enrico, meno partigiano, suggerisce un accordo fra gli elettori, per meglio risolvere insieme, una situazione che produce danni per tutti… ma l’unità dei cittadini del villaggio è molto pericolosa per la dittatura.

Martin si applicherà dunque per inasprire le loro discordie politiche il più possibile.

Si serve della sua piccola pressa per pubblicare due foglietti settimanali: “Il Sole” per i rossi; “La Stella” per i blu.

“Il Sole”, in sostanza dice: Se voi non siete più padroni nel vostro paese, è a causa di questi arretrati dei blu, sempre attaccati ai grossi interessi.

“La Stella” dice in sostanza: Il vostro debito nazionale è opera dei maledetti rossi, sempre pronti a qualsiasi avventura politica.

E i nostri due gruppi politici litigano sempre di più, dimenticando il vero fabbro di catene, il controllore del denaro, Martin.

16. Un relitto prezioso

Un giorno, Tommaso, l’ingegnere, scopre, incagliata nel fondo di un ansa, alla fine dell’Isola e nascosta da alte erbe, una scialuppa di salvataggio, senza remi, ma insieme a pochi altri oggetti inservibili una cassa ben conservata.

Egli apre la cassa: trova solo pochi stracci e qualche altre cose ma la sua attenzione si ferma su un libro-album intitolato: “Primo Anno Verso il Domani”

Curioso, il nostro uomo si siede e apre questo libro. Egli legge. Egli divora. S’illumina e ad un certo punto esclama “ecco ciò che avremmo dovuto sapere da molto tempo.”

Il denaro non trae affatto il suo valore dall’oro, ma dai prodotti che il denaro compra.

“Il denaro può essere una semplice contabilità i crediti passano da un conto all’altro secondo le compre e le vendite. Il totale del denaro è in rapporto con il totale della produzione.

“Ad ogni aumento della produzione, deve corrispondere un aumento equivalente del denaro… Mai interesse da pagare sul denaro in circolazione… Il progresso non è rappresentato, da un debito pubblico, bensì da un dividendo uguale per ciascuno… I prezzi regolati secondo il potere di acquisto per un coefficiente dei prezzi… Il Credito Sociale…”

Tommaso non si tiene più dall’entusiasmo. Si alza e corre con il suo libro a fare partecipi della sua splendida scoperta i suoi quattro compagni.

17. Il denaro, semplice contabilità

E Tommaso si installa professore:

“Ecco, dice egli, quello che avremmo potuto fare, senza il banchiere, senza oro, senza firmare alcuno debito.

“Io apro un conto al nome di ciascuno di voi. A destra, i crediti, che fa aumentare il vostro conto; a sinistra, i debiti, che lo fa diminuire.

“Noi volevamo ciascuno $200 per cominciare. Di comune accordo, decidiamo d’iscrivere per ognuno un credito di 200. Ciascuno ha immediatamente $200.

“Francesco compra da Paolo dei prodotti per $10. Io tolgo a Francesco 10, gli resta 190. Aggiungo 10 a Paolo, ha adesso 210.

“Giacomo compra da Paolo per $8. Tolgo 8 a Giacomo, gli resta 192, mentre Paolo, lui sale a 218.

“Paolo compra legna da Francesco $15. Io tolgo 15 a Paolo, resta con 203; aggiungo15 a Francesco che risale a 205.

“E cosi di seguito; da un conto all’altro, tutto come i dollari di carta vanno da una tasca all’altra.

“Se qualcuno di noi ha bisogno di denaro per aumentare la sua produzione, si apre il credito necessario per lui, senza interesse. Egli rimborsa il credito una volta venduta la produzione. La stessa cosa per i lavori pubblici.

“Si aumentano periodicamente anche i conti di ciascuno di una somma addizionale, senza togliere niente a nessuno, in corrispondenza al progresso sociale. Questo è il dividendo nazionale. Il denaro è cosi uno strumento di servizio.”

18. Disperazione del banchiere

Tutti hanno compreso. La piccola nazione è diventata creditista. L’indomani, il banchiere Martin riceve una lettera firmata dai cinque:

“Signore, voi ci avete indebitati e sfruttati senza alcuna necessità. Noi non abbiamo più bisogno di voi per reggere il nostro sistema monetario. Noi avremo ormai tutto il denaro che ci bisogna, senza oro, senza debito, senza ladro. Noi stabiliamo immediatamente nell’Isola dei Naufraghi, il sistema del Credito Sociale. Il dividendo nazionale sostituirà il debito nazionale.

“Se voi tenete al vostro rimborso, noi possiamo rimettervi tutto il denaro che avete fatto per noi, non di più. Voi non potete reclamare quello che non avete fatto.”

Martin è in disperazione. È il suo impero che crolla. I cinque diventati creditisti, il mistero del denaro o del credito non esiste più per loro.

“Cosa fare? Pensa Martin. Chiedere loro perdono, diventare come loro? Io, banchiere, fare questo?.. Assolutamente no! Io cercherò piuttosto di non aver bisogno di loro e di vivere in disparte.”

19. Soperchieria scoperta

Per proteggersi contro ogni eventuale futura richiesta, i nostri uomini hanno deciso di far firmare dal banchiere un documento attestando che egli possiede ancora tutto quello che aveva arrivando nell’Isola e quindi si procede a fare l’inventario generale: la barca, la piccola pressa e… il famoso barile d’oro. Bisognò che Martin indichi il luogo per poter dissotterrare il barile. I nostri uomini lo tirano fuori dal buco, con molto meno rispetto questa volta. Il Credito Sociale ha insegnato loro a disprezzare il feticcio dell’oro.

L’ingegnere, alzando il barile, trova che per essere dell’oro, non pesa poi molto: “Io ho molti dubbi che questo barile sia pieno d’oro.” L’irruento Francesco non esita più. Un colpo d’accetta ed il barile rivela il suo contenuto: di oro, neanche una oncia! Pietre niente altro che volgari pietre senza valore!…

I nostri uomini fanno fatica a crederci !

— “E pensare che egli ci ha imbrogliati a questo punto, il miserabile! Quanto siamo stati creduloni. Ma come abbiamo fatto a cadere così in estasi di fronte alla solo parola: ORO!”

— “ E noi abbiamo ipotecato tutte le nostre proprietà per avere dei pezzi di carta senza valore basati su quattro palate di pietre ! Ladro e bugiardo.”

— “E pensare che noi abbiamo litigato e ci siamo odiati per mesi e mesi per una tale truffa ed a causa di questo dannato demonio!”

Francesco non fece in tempo ad alzare l’accetta che il banchiere partiva verso la foresta a tutta velocità.

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